
Incontriamo oggi due tra i nostri musicisti più noti, qui in una formazione cameristica da loro ampiamente collaudata in concerto e in registrazioni:
Salvatore Accardo e
Bruno Canino.
Entrambi hanno alle spalle una carriera solistica di livello internazionale, ed hanno ugualmente una discografia molto ampia (Accardo ha inciso tutti i capricci di Paganini e, per primo, tutti i suoi sei concerti, Canino ha tra l'altro al suo attivo l'integrale pianistico di Debussy e di Casella).
Tutti e due hanno dedicato una parte importante della loro attività alla musica da camera, e questo li ha visti operare in formazioni varie con interpreti di grandissima levatura ed in formazioni stabili: Accardo fonda nel 1992 il
"Quartetto Accardo", mentre il sodalizio artistico tra Bruno Canino - che da 30 anni suona con il Trio di Milano - ed il pianista Antonio Ballista ha superato i cinquant'anni.
A proposito dell'attività cameristica sentiamo l'opinione di Salvatore Accardo che, in una intervista di qualche anno fa, alla domanda su quale sia l'esperienza musicale da lui preferita, così risponde:
"Fare musica insieme. Si impara ad ascoltare gli altri. Da ragazzo ho avuto la possibilità di suonare con grandi artisti, Casals, Stern, Oistrakh, Segovia. Quello che ho imparato da loro, a mia volta lo trasmetto ai giovani; spiegando loro che quel che dico non proviene da me, ma da altri... È così che nasce e si perpetua una tradizione".
Va ricordato come nella musica da camera - come nelle formazioni corali per il cantante - il musicista rinuncia solo in parte alla sua individualità; contemporaneamente all'impegno nei confronti del suono creato egli si dedica a quella meravigliosa virtù che è l'ascolto attivo, nella ricerca di un procedere armonioso e fluido dell'idea musicale collettiva.
Ecco ancora l'opinione di Bruno Canino:
"Sono contento di aver dato largo spazio nella mia professione alla musica da camera, perché la vita del solista è una vita da cani. In particolare mi piace molto suonare con il violino"; Canino ha dedicato alla musica da camera anche un suo lavoro non prettamente musicale; si tratta del
"Vademecum del pianista da camera", pubblicato nel 2001, un libro che egli stesso definisce come
"Un libro satirico-pedagogico. Parla un po' delle regole di vita del musicista da camera. È rivolto ai giovani musicisti, ma anche ai non musicisti. A me interessa sapere come funzionano i meccanismi di certi mestieri che non sono il mio, penso che possa essere interessante.
Insomma, la pratica cameristica è un mestiere, una ricchezza, un'opportunità che i musicisti non devono negarsi e che noi ascoltatori siamo invitati a gustare; approfittiamone quindi ascoltando i due grandi interpreti che nel 1988 hanno registrato la Sonata K 306 di
Mozart, (composta nel 1778, durante il soggiorno a Parigi e contenuta in un ciclo di sei sonate dedicate alla principessa Maria Elisabetta).
Contrapposti ai più tradizionali peccati di gioventù, i
"Péchés de Vieillesse" sono i peccati musicali di un
Rossini che, in vecchiaia, raccoglie in tredici volumi musica sacra e profana, vocale e strumentale; dal volume IX ascolteremo
"Un mot a Paganini, elegia in re maggiore", incisa dal duo nel 1997.
Non può mancare
Paganini, di cui proponiamo una trascrizione del
"Cantabile in re maggiore" dall'originale per violino e chitarra; ci allontaneremo poi dall'ambito salottiero dell'ottocento italiano per ascoltare un brano di diverso peso e architettura, la prima sonata di
Camille Saint-Saëns.
Il programma si conclude con la rielaborazione per violino e pianoforte che
Antonin Dvorak fece del suo trio per due violini e viola denominato
"Miniature"; suddiviso in quattro movimenti, il loro titolo diviene così
"Quattro pezzi romantici", dai nostri interpreti incisi nel 1996.